ilovepantelleria.it

Una riflessione (sempre!) sulla Shoa

Fra le mille vicissitudini che si sono questionate sulla Scuola, quest’anno, poco spazio riflessivo è stato purtroppo dai ragazzi dedicato alla commemorazione della Shoa, un “ingombrante” evento storico per la nostra coscienza, che ritengo non debba passare inosservato, anche solo nel respiro passeggero, ma profondo, d’un pensiero d’indulgenza.

27 gennaio: il giorno della Shoa, annualmente ricordato come imparagonabile tragedia umana, e come esempio mostruoso della capacità dell’uomo di operare il Male. Una giornata ormai spesso consacrata alle dolorose testimonianze dei sopravvissuti, le cui infelici parole, pronunciate attraverso gli odierni canali di comunicazione, sembrano direttamente provenire dal vergognoso “luogo del delitto”, facendo vibrare, fino in fondo, le corde del nostro cuore e spronandoci alla ferma volontà di non ripetere mai quanto mostruosamente accaduto.

La testimonianza : un valore illimitato ed il superamento, finalmente, della parola inferma per tutti coloro che, ancora vivi, hanno potuto abbandonare l’intimo segreto di un’esperienza così drammatica, per poter finalmente dar voce ad un tormento da troppo tempo seppellito nella tomba dell’indifferenza, ma mai del tutto sufficiente nel garantire un vivo contributo alla consapevolezza sulla presenza del Male nel mondo, da cui svolgere l’estrema necessità di conferire dignitosa priorità alla libertà dell’uomo, attraverso un “progetto di sviluppo” che si orienti e progredisca sulla via della umana responsabilità collettiva.

Per dar senso concreto alla memoria, quindi, troppo scarse la conoscenza e la comprensione del crudele evento storico, comodamente ricondotto al periodo dell’esaltante follia ideologica di Hitler. Da accogliere, invece, in pieno, l’istanza di un senso ben più ampio della Storia, nell’infinito coraggio di un impegno contemporaneo per la salvaguardia dei diritti dell’uomo in ogni angolo del mondo: un controsenso, questo, se poi volgiamo uno sguardo distratto verso quanto ci circonda, valutando l’idea che certe cose non ci appartengono, poiché lontane dai nostri bisogni e dalle nostre aspettative, poiché da troppo tempo naviganti sulla rotta della mercificazione dell’essere.

Perché un’amara storia non debba più ripetersi, non è necessario che essa si proponga col medesimo volto: la possiamo cogliere, penosamente, nel pianto innocente di un bambino che non ha nulla di che mangiare o di che vestire; nella “vergogna” nascosta di un genitore che non riesce a sostenere economicamente la propria famiglia; nell’umiliazione quotidiana di un ragazzo di colore che, guardandosi allo specchio, si dispera, invece, per l’oscurità del Mondo; nell’evidente trasparire di conflittualità religiose che Dio non accetterebbe mai; nella generale mancanza di coscienza di appartenere tutti, indistintamente, alla Civiltà Umana.

Ribaltare il senso della Vita vuol dire, allora, non necessariamente trasportare il genere del nostro percorso da tragedia in commedia, ma profondamente riflettere ed operare cambiamenti seppur graduali, che possano permetterci, pian piano, di spingerci fuori dalla comoda tana dell’agire senza “senso”, affievolendo la prepotenza insopportabile del nostro Ego, e dando voce al Cielo rischiarato del più profondo Sé: dare un senso, individuale e collettivo insieme, al nostro vissuto, rappresentando il flusso delle azioni d’ogni giorno con la voce più sincera e con il cuore sempre pronto ad accogliere, accantonando scopi che possano distoglierci dalla Verità esistenziale.

“Imparare nuovamente la Vita”, come qualcuno ha scritto, per non disonorare l’esistenza; “Tenersi stretti tutti gli ideali, anche quando sembrano assurdi e impossibili da realizzare”, come lasciatoci nel diario della giovanissima Anna Frank nel deserto infuocato dei campi di concentramento, pur speranzosa, malgrado tutto, nella bontà di cuore della gente. Inaccettabile, per lei, “costruire tutto sulla base della Morte, della Miseria, della Confusione”.

Scorgiamo anche noi, con occhi fiduciosi, la prospettiva di un miraggio di salvezza, in grado di trascinare con sé, in un’improvvisa tempesta di sabbia, “anche questa spietata durezza, col ritorno della pace e della serenità”, facilitati dalla contingenza di una Storia generosa, di libertà acquisite col sangue dei nostri padri, che ci ricordano sempre la responsabilità dei nostri destini e ci rimproverano amaramente per una schiavitù che noi stessi ci imponiamo, poiché attratti fatalmente dalla selezione naturale della razza.

Condividi questo articolo