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Commemorazione strage di Capaci

Ieri, lunedì 23 maggio, a diciannove anni dalla strage di Capaci, celebrazione a Palermo per ricordare la morte del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei tre agenti di scorta.

Memoria di grande rilevanza, per far sì che rimanga accesa la luce di vite che hanno perseverato nella lealtà e nella giustizia, rafforzando il nostro senso di appartenenza allo Stato. In coincidenza del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, è scaturito il desiderio di efficacia di un lavoro di legalità fondamentale a dar credito che la mafia può essere davvero sconfitta attraverso la concretezza. Non per nulla casuale, pertanto, lo sbarco delle due "navi della legalità" nel porto della città, cariche di giovani provenienti da ogni parte d'Italia, aggregatisi alla manifestazione a voler simbolicamente approdare su una terra contraddittoria: irradiata dal sole e impregnata di profumi ineguagliabili, da fertilizzare però costantemente sulla scia della giustizia, e da bonificare laddove le paludi malavitose sono ancora dure a resistere.
La manifestazione ha avuto come fulcro l'Aula bunker del carcere dell'Ucciardone, sede del passato Maxi Processo alla mafia, per concludersi poi sotto l'"Albero Falcone", in un angolo di via Notarbartolo, con due cortei partiti l'uno dalla stessa Aula, l'altro dalla via D'Amelio.
Bandiere e palloncini tricolore al vento, striscioni e cartelli, balconi gremiti e applausi della folla hanno segnato quei momenti, divenuti ancor più emozionanti con l'ingresso a sorpresa, sul palchetto allestito per l'occasione, di Claudio Baglioni, il quale ha giustamente considerato prioritario dare il via alla sua esibizione sulle note di "Strada facendo" e sulla versione acustica dell'Inno di Mameli.
Intorno alle 18,00, infine, lo squillo delle trombe della Polizia di Stato, a ricordare il momento della strage, invitando tutti ad un rispettoso silenzio.
Fra i presenti, anch'io, rientrata casualmente sulla mia isola percorrendo la "strada della morte" nella lontana e caldissima vigilia del 23 maggio del 1992, e ancora capitata casualmente nel momento del ricordo, ma felice di raccogliere il messaggio di speranza che ciascuno di noi deve salvaguardare nel proprio cuore a farne bagaglio ereditario per i nostri figli; per ribadire con grande dispiacere una "Sicilia tradita" che, nonostante i grandi sacrifici umani, resta ancora isolata ed esclusa a causa della nostra stessa rassegnazione; una Sicilia colonizzata dagli interessi e dagli egoismi anche di uomini estranei alla vera realtà locale, di "stranieri" più mafiosi dei mafiosi. Perché, come disse il grande Falcone, "Gli uomini passano, le idee restano; restano le loro tensioni morali, e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini"; e, come ci ricorda Virgilio nelle sue Georgiche, "Felix qui potuit rerum cognoscere causas". E' giusto ricordare, ed è ancor più giusto agire sulle cause, poiché gli effetti di ogni azione priva di moralità sono disastrosi, sotto gli occhi e dentro il cuore di ognuno.

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